Un'artista femminista che non cade nella trappola dello spettacolo lo è Miriam Cahn, che è nato nel 1949 ed è emerso dalla mano di questi pionieri con un metodo diverso.
Si distingue proprio perché non è mai stato tentato di equiparare punti di vista espliciti a un'estetica dell'esplicito, di collegare la provocazione politica con autoesposizione provocatoria.
Miriam è soprattutto una pittrice figurativa ma, fin dall'inizio, ha associato il suo progetto artistico e la sua espressione pittorica ad altri processi esplorativi, come la performance o l'installazione.
Miriam Cahn, ERA MICH ANSCHAUT, 1.11.2019, 200 x 190 cm, 2019. fonte: Critica artistica
Dopo la sua formazione presso il Gewerbeschule de Basilea, dove tra il 1968 e il 1973 ha preso lezioni di arti grafiche, è diventato famoso nel 1979 con un'azione artistica consistente nella collocazione di murales lungo un ponte autostradale.
Nel 1981 storico dell'arte e curatore museale Jean Christophe Ammann l'ha invitata a partecipare ad una mostra collettiva al Galleria d'arte de Basilea, e due anni dopo, alla sua prima mostra personale. Nel 1984 ha rappresentato il suo Paese alla Biennale di Venezia e da allora il suo lavoro non conosce limiti.
Nel lavoro di Miriam si può notare l'influenza dei movimenti e del pensiero femminista degli anni '70 e successivi degli anni '80. In particolare, dall'inizio della sua carriera artistica, ha coinvolto il proprio corpo nel suo lavoro, dipingendo sul pavimento, sul pavimento di il suo studio, a volte nudo o bendato, per ridurre l'influenza della mente nel processo creativo.
Per lei, qualsiasi corpo rappresentato irradia oltre la sua condizione fisica, siano uomini e donne, o animali e vegetazione. Anche una casa può incarnarsi grazie al suo pennello, diventare abitata, come il frammento di un corpo, oi genitali femminili: sono tutti abitati da una forza che è insieme fisica e mentale, sensuale ed emotiva.
Miriam pone il corpo e la sua espressione in un'aura di colori profondamente emotivi e soggettivi. Spesso luminosi, questi colori diventano emozioni. Dal fondo delle sue tele, o dai tratti del suo carboncino, porta alla luce ciò che è stato sepolto: segreti nascosti e sensazioni proibite.
Il suo lavoro evoca il desiderio corporeo, tanto quanto la violenza subita dai corpi.
Dagli anni '1970 alla metà degli anni '1990, Miriam ha rifiutato la pittura come atto di resistenza femminista contro lo Zeitgeist minimalista, astratto e maschile del mondo dell'arte occidentale, presentandola come un'estensione di se stessa.
Da allora, l'artista esplora quello che crede essere il tradimento innato, la brutalità e la bellezza della condizione umana, sempre in risposta all'attualità e con una forte tendenza progressista.
Le immagini di Cahn, che prese il pennello all'età di 45 anni. immergono lo spettatore in paesaggi onirici da incubo che evocano la violenza provata a livello umano e corporeo come risultato della politica globale, della guerra e dell'oppressione.
Alla fine, le opere di Cahn, che a 73 anni ancora lavora ed espone, affrontano crisi e tragedie come la Guerra del Golfo Persico, il movimento #MeToo, gli attacchi al World Trade Center e le guerre jugoslave in modo nascosto e non spettacolare.
Non esalta il trauma o il segno della virtù, ma lascia che l'ambiguità e i segni emotivi prendano il sopravvento.